Tar respinge ricorso di Edison contro l'ordinanza della Provincia che la individuava come responsabile dell'inquinamento dell'Area Valletta
Depositata la sentenza con la quale il TAR ha respinto il
ricorso proposto da Edison contro l'ordinanza della Provincia e la
successiva convalida con cui l'ente individuava la ricorrente come
responsabile dell'inquinamento nell'area Valletta del Sin di
Mantova.
L'area è esterna allo stabilimento e caratterizzata da una parte rialzata, utilizzata come parcheggio, ed una parte bassa, a sud della scarpata morfologica della Valle del Fiume Mincio, che presenta zone costantemente sommerse da una lama d'acqua) che è risultata contaminata da mercurio; PCDD/PCDF, idrocarburi C>12 e PCB.
Dagli approfondimenti istruttori, condotti direttamente o sotto la supervisione della locale ARPA, è emerso che i materiali utilizzati per formare le zone rialzate dell'area erano contaminati da mercurio, idrocarburi (C<12 e C>12), composti organici aromatici e IPA e che essi, soprattutto in occasione di intense precipitazioni, venivano trasportati nell'area umida a valle nonché nelle canaline di scolo che comunicano con l'esterno dell'area.
La provincia di Mantova, compente in materia, ha pertanto avviato il procedimento per l'individuazione del responsabile dell'inquinamento ex art. 244 TU ambiente, giungendo alla conclusione che la responsabilità sia da ascrivere ad Edison, proprietaria del petrolchimico fino al 1989.
Il provvedimento è stato adottato all'esito di un'approfondita istruttoria, nella quale, oltre a considerare come la tipologia dei principali inquinanti (mercurio, PCDD/PCDF, C>12, IPA e PCB) sia riconducibile alle produzioni e ai cicli di lavorazione attivi all'epoca della gestione Montedison, sono stati esaminati plurimi studi ed indagini ambientali, ivi incluso l'esame delle ortofoto dell'area succedutesi nel tempo che attesta una situazione consolidata e immutata fin dagli anni '80, con assenza di successivi movimenti terra o apporti significativi di materiale.
Il TAR ha accertato la completezza dell''istruttoria, ricordando il
principio consolidato in giurisprudenza per il quale ai fini
dell'accertamento della sussistenza del nesso di causalità
tra attività industriale svolta nell'area e inquinamento
della stessa, occorre utilizzare il canone civilistico del
"più probabile che non", ha sottolineato che
"l'individuazione del responsabile può basarsi anche su
presunzioni semplici. Ne consegue che, qualora l'Amministrazione
fornisca elementi indiziari sufficienti a dimostrare, sebbene
in via presuntiva, l'ascrivibilità dell'inquinamento a
un soggetto, spetta a quest'ultimo l'onere di fornire una
prova liberatoria, per la quale non è sufficiente
ventilare genericamente il dubbio di una possibile
responsabilità di terzi o di un'incidenza di eventi
esterni alla propria attività, bensì è
necessario provare la reale dinamica degli avvenimenti e
indicare lo specifico fattore cui debba addebitarsi la
causazione dell'inquinamento. Prova contraria che non è
stata prodotta, in quanto la società si è limitata a
criticare solo alcuni dei plurimi elementi considerati
dall''Amministrazione e posti a base del
provvedimento Respinta anche la pretesa di Edison di non
essere tenuta a provvedere all'adozione delle misure di prevenzione
(MIPRE), imposte dal Ministero in seguito all'ordinanza
provinciale, perchè spettanti a
proprietario.
A riguardo, il collegio ha replicato
che "qualora, come nel caso di specie, il responsabile sia
stato individuato, l'amministrazione procedente è
legittimata ad imporgli anche l'adozione di tutte le misure di
prevenzione ritenute necessarie per la salvaguardi
dell'ambiente".
Respinte infine tutte le censure
riferite alla pretesa violazione del contraddittorio
procedimentale, avendo il TAR accertato che
"l'Amministrazione ha assicurato alla ricorrente un'ampia
partecipazione procedimentale comunicandole l'avvio del
procedimento volto all'individuazione del responsabile della
contaminazione, e dopo averlo concluso, ha riaperto l'istruttoria,
proprio per analizzare la documentazione presentata dalla
ricorrente ed erroneamente pretermessa; senza contare che, i
provvedimenti impugnati (ordinanze PD 954/20 e 453/21) non
impongono alla ricorrente l'esecuzione di uno specifico progetto di
bonifica, né, del resto, potrebbero farlo, ma si limitano ad
ordinargli di presentare, sulla base dei dati in suo possesso
e di quelli emersi nel corso dell'istruttoria,
«una proposta progettuale che costituirà la base
condivisa per la elaborazione di
un progetto".