Trame d'acqua, dal Tanaro al Mincio con Gianni Del Bue
Alla Casa del Mantegna dal 15 ottobre al 27 novembre 2016
Inaugurazione sabato 15 ottobre, ore
17
"Trame d'acqua, dal Tanaro al Mincio", è il titolo
della personale di Gianni Del Bue allestita negli spazi della
Casa del Mantegna di Mantova, in via Acebi 47, dal 15 ottobre al 27
novembre 2016. La mostra ripercorre il lavoro più
recente di Gianni Del Bue e quello che ne emerge,
come sottolinea Gianfranco Ferlisi, curatore della rassegna,
"è il percorso ambizioso di un raffinatissimo
disegnatore e di un abile pittore in grado di rivisitare le varie
forme dell'arte elaborate nel corso della storia, dalle origini
alle avanguardie".
La rassegna
riassume, in parti distinte ma anche complementari, un
meraviglioso dialogo con un immaginario di grande e toccante
suggestione, tramite una settantina di dipinti.
E il progetto
espositivo si snoda quindi come un percorso ampio e
coinvolgente, che raccoglie non solo alcune opere provenienti da
collezioni private ma anche molte opere eseguite appositamente per
l'occasione e persino alcuni dipinti della collezione dell' artista
stesso, esposti come fatto assolutamente straordinario per questa
rassegna.
La Provincia con la mostra dedicata a Gianni Del Bue,
approfondisce e mette a fuoco un percorso estetico che, come
sottolinea il presidente Beniamino Morselli, "si
caratterizza per immagini di matrice figurativa rilette attraverso
una dimensione onirica e fantastica". "L'ispirazione - spiega il
curatore Gianfranco Ferlisi - si traduce in dipinti dai quali
emerge un'attenzione felice verso una realtà quasi
metafisica e sospesa, al di là dello sguardo costante
dell'autore verso il quotidiano. Oli su tela raffinatissimi
riaffermano dunque l'identità di questo pittore di grande
valore che da sempre elabora nei suoi paesaggi fantastici
affascinanti rimandi al patrimonio della storia dell'arte, grazie
anche a una tecnica che esalta la
vivacità di cromie brillanti coniugate con eleganti
campiture di colore tenue e trasparente. Del Bue rivolge
anche una particolare attenzione all'illustrazione, al mondo
dei racconti, alla pubblicità di inizio novecento per fare
emergere, attraverso l'osservazione del dato figurale, la poesia
del suo immaginario, il suo saper viaggiare in una dimensione
fabulistica, il suo saper narrare i suoi luoghi del cuore. Affiora
così un mondo ricco e variegato, sempre però dominato
dall'incanto del paesaggio. Dal Tanaro al Mincio - prosegue il
curatore Ferlisi - ci racconta dunque della bellezza delle Langhe e
del fascino di Mantova, due territori in cui l'abitudine a sognare
pare congenita agli scenari che Del Bue riesce a materializzare. Lo
sguardo dell'artista, da perenne fanciullo, nella costruzione delle
sue opere presuppone, ovviamente una originale ma assai
profonda sapienza conoscitiva di storia, miti e leggende legati ai
luoghi che rilegge e rivisita. Lo testimoniano gli innumerevoli
elaborati preparatori, i taccuini di appunti in cui l'autore sembra
annodare il flusso dei suoi "capricci", un vero diario di
bordo. Ne scaturisce, alla fine, un viaggio che ci parla di mondi
in cui l'identità delle piazze, dei monumenti, delle torri,
delle cattedrali e delle pievi, dei fiumi, dei laghi, delle colline
è vissuta e gestita con un'apertura spiazzante
all'imprevedibilità della vita e del caso. Cosa fanno
le oche smarrite nella galleria d'arteà la page? E di cosa
discute quel crocchio di intellettuali sulla cima della torre degli
Zuccaro? E perché mai quel caco miracoloso fruttifica in
pieno inverno quando una coltre di neve imbianca ogni cosa? E a
cosa si deve quella vertigine visiva che triangola col paesaggio
turrito mantovano per catapultarci sul greto del Tanaro, sulle
colline di Naviante, sulla soglia delle Alpi? E quale fantasie
stralunate hanno creato quelle visioni a volo d'uccello in cui
l'autore mescola le piazze di de Chirico con i notturni inquietanti
di Delvaux? Il pittore snoda con esuberante creatività il
filo di una matassa che non può essere trattenuta
dell'ambito della categoria del fantastico-parasurreale. Crea
enigmi naturalistici abitati da strani gatti neri, mostra scorci di
palazzi rinascimentali che si ibridano con le colline delle Langhe,
indirizza stormi di lucciole ad illuminare notturni di nero pece,
scrive dialoghi di segni con fior di loto irriverenti, ci parla di
trasognati mondi naturali e vegetali, di imagerie populaire condita
con un retrogusto critico e irriverente sulla realtà delle
cose. Il pittore si diverte tra realtà, rappresentazione e
significato, quello che porta a cercare banalmente
l'identità esplicita dell'immagine raffigurata. Ma il
significante di Del Bue spiazza costantemente il riguardante. Tra
metamorfosi e trasmutazioni, il suo messaggio si palesa con
chiarezza quasi con uno sberleffo a quell'arte a cui da sempre
l'uomo affida il bisogno ancestrale di raffigurare la
sacralità di ciò che lo circonda (dal paesaggio al
sentimento della natura e alla sua poeticità). Oltre
l'immagine dei suoi dipinti si manifesta l'abisso inverificabile
del significato e del meccanismo interpretativo,
nell'ambiguità perenne e irrisolvibile del loro dissidio.
Tra senso comune e nonsense, tra vena ludica e ossessività provocatoria,
tra derive oniriche e visionarie, tra dilemmi filosofico poetici e
ironia da naufrago, l'opera pittorica di Del Bue ci conduce a
sperimentare la meraviglia del creato che lo circonda e che lo
ispira. L'acrobazia visiva, l'umorismo beffardo applicato al
linguaggio dell'arte, la piccola provocazione calcolata verso
la "merce culturale", verso città popolate di
sogni e di tristezze, sono solo una
delle molteplici facce con cui il pittore costruisce la propria
poetica, l'immagine sfuggente di se stesso".
ORARI DI APERTURA
Mattine
da
martedì a domenica dalle 10.00 alle 12.30
Pomeriggi
Pomeriggi
giovedì 15.00/17.00 - venerdì, sabato e
domenica: dalle 15.00 alle18.00
Ingresso libero
Informazioni:
tel. +39 0376 360506 - +39 0376 432432
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