Ritmo Astratto - Angelo Rinaldi
Ritmo Astratto
ANGELO RINALDI
Una vita d'arte
dipinti - vetri - sculture
dal 1960 al 2017
Mostra a cura di Arianna Sartori e Fausto Tonello La Casa
Museo Sartori di Castel d'Ario (Mantova) in via XX Settembre
11/13/15, dal 10 Settembre al 15 Ottobre 2017 presenta la mostra
"Ritmo Astratto. Angelo Rinaldi. Una vita d'arte". La mostra
è allestita al primo piano di Casa Museo Sartori e gode dei
patrocini di: Comune di Castel d'Ario, Comune di Padova, Ecomuseo
della risaia, dei fiumi, del paesaggio rurale mantovano e
dell'Associazione Pro Loco di Castel d'Ario. "Ritmo Astratto.
Angelo Rinaldi. Una vita d'arte" si inaugura Domenica 10 Settembre
alle ore 11.00, alla presenza del Maestro, con interventi di
Arianna Sartori e Fausto Tonello curatori della mostra, Daniela
Castro Sindaco di Castel d'Ario e Maria Gabriella Savoia di 'Casa
Museo Sartori'. La mostra, che arriva a Castel d'Ario (MN) dopo le
due importanti tappe ad Arezzo presso la "Casa Museo Ivan Bruschi"
(gennaio-marzo 2017) e a Portobuffolè (TV) nel "Museo Casa
Gaia da Camino" (aprile-maggio 2017), e prorogate entrambe per il
grande interesse riscontrato dal pubblico, presenta una cinquantina
di opere tra dipinti, vetri e sculture realizzate dall'artista dal
1960 ad oggi. Angelo Rinaldi nasce in provincia di Padova nel 1942.
Studia arte in Italia e all'estero, ma la sua formazione artistica
si avvale principalmente della collaborazione e frequentazione di
studi di importanti artisti del 900, italiani e internazionali.
Opere di Angelo Rinaldi sono conservate in musei e collezioni
private e pubbliche di tutto il mondo, tra cui Kunst Museum di
Düsseldorf in Germania, Fondazione Morishita di Tokyo
(Giappone), Istituto di Cultura Italiano di Ljubljana (Slovenia),
sezione permanente del Museo degli Argenti di Palazzo Pitti di
Firenze. Inoltre si segnala la mostra di sculture nel 2010
intitolata "Di Vetro e nel Vetro: opere di Angelo Rinaldi 1960 -
2010" nelle sale di Palazzo Zuckermann a Padova e dal 2013 opere di
pittura e scultura sono esposte all'interno delle sale del
Ministero degli Esteri la Farnesina di Roma. ANGELO RINALDI Ars
felix Un artista è, o dovrebbe essere, solo un artista. Il
suo - ma che il condizionale continui a soccorrermi - è uno
stato di perenne "orfanità" dal proprio vissuto, dal tempo,
dall'habitat sociale, dalla storia, perfino da se stesso. L'ha
scritto, infallibile come sempre, Oscar Wilde: "Scopo dell'arte
è rivelare l'opera e nascondere l'artista". Fin qui quello
che l'esegeta si auspica nel suo romantico quanto faustiano
disegno: "appropriarsi" cioè dell'opera altrui e consegnarla
poi al mondo, imprimendole il sigillo dell'autonomia da chi l'ha
creata, sigillo di liberazione e libertà, dovesse istigarla
all'ingratitudine e al tradimento più assoluti. A dover
parlare di Angelo Rinaldi, il conto però non torna, almeno
nel senso di cui sopra. E questo non perché il fattore
biografico o il repertorio psicologico-sentimentale-culturale
dell'artista siano particolarmente significativi a decifrarne
l'opera. Piuttosto perché nel suo percorso professionale
ritrovo, oggi come ieri, due elementi che non esiterei a definire
obsoleti quando di arte deve trattarsi, soprattutto con i tempi che
corrono. Che sono tempi, se servisse ricordarlo, di scetticismo
elevato a sistema, perfino a categoria dello spirito. Il primo di
questi elementi, peraltro riscontrabile a prima vista come una
tara, è la manualità, la "fabrilità"
dell'intervento creativo, una sapienza prodigiosa del mestiere che,
appunto, risulta geneticamente acquisito, non appreso, non
"sofferto". Come se a Rinaldi il trascorrere dalla pittura al
vetro, dal design all'incisione fino alla scultura e al progetto
architettonico, non fosse costato e costasse nessuna fatica,
né avesse implicato quell'esitazione affatto legittima che
riscontriamo in artisti dai molteplici talenti quando passano da
una disciplina all'altra. Al contrario, nell'artista padovano tutto
quello che ha prodotto e produce si manifesta allo stesso livello
di credibilità e compiutezza. Per lui fare arte sembra una
sorta di sfida necessaria, un imperativo più morale che
sperimentale: quel tanto che gli permette di espletare ciò
che in primis somiglia a un dovere, ma anche a una
necessità, forse a un diritto. Nel suo lavoro non si
avvertono mediazioni ideologiche né labirinti concettuali
che facciano da detonatore a tanta eccellente versatilità, a
tanta, ripeto, "facile" adesione al florilegio dei generi che nel
tempo ha saputo affrontare e svolgere in parallelo. Rinaldi insomma
agisce e pensa in contesto, non "delega" alla riflessione il
compito di individuare i tempi necessari all'elaborazione del
progetto creativo: l'istinto e l'esperienza gli bastano per
individuare il percorso da seguire. E a questa libertà
d'azione non è certo estranea l'ampiezza del registro
stilistico che la sua opera è riuscita a rivelarci
attraverso gli anni: che poi altro non è che assoluta
indifferenza al perseguimento di una formula, di un cliché
linguistico stabile che garantisca all'artista la
riconoscibilità sufficiente per collocarlo nelle "liste
d'attesa" del mercato, o comunque delle congiunture mondane.
Rinaldi ha solo assecondato la propria curiosità
d'artista-rabdomante mettendosi in sintonia con le più
diverse opzioni espressive, storiche e non, dove perfino la
contraddizione avrebbe trovato asilo e credito. Si pensi per
esempio al "periodo" del minimalismo astratto-geometrico dove le
consonanze con l'epoca d'oro de "Il Milione", e dunque con
Veronesi, Soldati e Radice, sono apparse più che una
ipotesi; o all'altra stagione dove il fattore materico-segnico
è sembrato porsi in antinomia e conflitto con quello, quasi
a indicare un'urgenza di complementarità che fosse capace di
ricostituire un disegno creativo unitario, una totalità
sognata e intesa come traguardo, se un qualche "traguardo" dovesse
mai proporsi in arte. E qui si inserisce l'altro elemento che
connota fortemente il lavoro di Rinaldi, elemento che forse sarebbe
più appropriato rimandare a una deontologia alla rovescia,
là dove il distacco aristocratico da quelle che potranno
essere le sorti dell'opera scatta come un segnale preciso, come una
dichiarazione di poetica, un marchio d'appartenenza. Ne consegue
che, pur assurta a ragione vitale, l'arte può (e Rinaldi ci
autorizza a scrivere "deve") essere vissuta in termini di pratica
ludica, magari edonistica, anche se il prezzo del gioco
resterà sempre altissimo. L'artista non dovrà
soffrire di complessi se chi dovrebbe aspettarsi ? osserva si
accorge che è stato felice nel compimento dell'opera. In
fondo, quale altra ricompensa dovrebbe aspettarsi?". Giuliano
Serafini "Con il termine Astrattismo si intende, in pittura e non
solo, la ricerca essenziale e ristretta della forma pura,
attraverso il tramite dei colori e delle strutture lineari.
Avanguardia artistica che in Italia coincise con le opere di alcuni
artisti, tra i quali Mario Radice (1898 - 1987) e Manlio Rho (1901
- 1957), in Olanda, attraverso il neoplasticista Piet Mondrian
(1872 - 1944) e in Russia con Kazimir Severinovic Malevic (1878 -
1935), pioniere dell'astrattismo geometrico, confluito poi nel
movimento del Suprematismo. Da queste premesse nasce il Nuovo
Astrattismo, che si concentra sull'armonizzazione di colore, linea,
e forma tenendo in considerazione, non solo l'aspetto plastico ma
anche i risultati, ottenuti dalla lavorazione di altri materiali
come: l'acciaio, il bronzo o il vetro, tutti elementi impiegati in
quel distinto contenitore, appartenuto alle arti applicate e
all'oreficeria poi espresso nel design industriale. Una ricerca
stilistica, che adesso si declina su nuovi presupposti geometrico -
astratti, condensata nel simbolismo dei segni, numeri, tracce e
dettagli figurativi e portata avanti dall'artista di fama
internazionale Angelo Rinaldi. Il quale mostra, fin dagli anni 60',
di avere assimilato la lezione lasciata dal pittore ed esperto
della fotocomposizione László Moholy - Nagy (1895 -
1946), quest'ultimo prediligendo nelle sue opere, effetti di
trasparenza, lasciati dalle figure geometriche sopra le forme
sottostanti. Una scelta quella della trasparenza e della
brillantezza dei colori, che porteranno Rinaldi a creare e a
progettare sculture luminose, collaborando con importanti aziende
produttrici di vetri, come le fucine Muranesi o a realizzare, su
commissione del Museo Ideale Leonardo da Vinci, una fontana in
vetro con il nome di "Fonte di Artemide", avvalendosi di un disegno
progettuale di Leonardo da Vinci. Esperto nella tecnica della
sommersione, per cui è un abile artigiano della materia;
Rinaldi durante le fasi di colatura del vetro fuso, inserisce
elementi aggiuntivi quali: decorazioni, paste, oro, argento,
oggetti o disegni, che risultano così "bloccati"
nell'involucro vitreo. Un'operazione, che nel corso della fase
finale dell'opera, gli consente di sfruttare appieno il potere
riflettente della materia nella quarta dimensione della
trasparenza; mentre al fruitore, di scrutare all'interno della
scultura e addirittura di vedere oltre, senza doversi spostare. Una
ricerca astratta, combinata alla sperimentazione informale, che lo
porteranno nel 1996, ad unirsi al movimento "Artisti Artefici",
fondato dall'artista Paola Crema Fallani, di cui fanno parte:
Novello Finotti, Igor Mitoraj, Roberto Fallani, Marina Karella,
Kurt Laurenz Metzler, Yvan Theimer e Do Vassilakis Konig. Da
segnalare, la presenza di Rinaldi, al Museo degli Argenti di
Palazzo Pitti di Firenze con l'opera in argento, raffigurante il
torso maschile e femminile intitolata l'Adamo ed Eva. Rinaldi
scansione con sapienza, materiali duttili come il vetro, per
passare alla scultura tridimensionale, tanto che adesso la scultura
non è più sinonimo di statua ma è concepita
nell'utilizzo di materiali che la rendano il più possibile
leggera, aerea e trasparente. Pensiamo alla realizzazione in
acciaio lucido satinato dell'opera Notte di San Lorenzo (2010), in
permanenza, all'interno dei giardini pubblici, antistanti i Musei
Civici di Padova, di Piccola nebulosa (2010) oppure l'opera in
bronzo intitolata L'altra metà del mondo (2000).
Elaborazione stilistica che raggiunge il suo apice con Athletis,
una colonna in vetro massello, realizzata attraverso la sommersione
di bolle, successivamente scolpita, dorata ed incisa, che ricorda
gli antichi prodotti della vetraria ellenistico - alessandrina (III
- II a.C.). Visioni artistiche, come sono state definite,
sperimentate dall'artista, attraverso un prontuario di materiali e
tecniche che si distinguono dalla fusione delle sculture in ferro e
cristallo scolpito, al vetro blu soffiato o in quelle intagliate
per sommersione di polveri metalliche. Lavoro ricomposto,
rivisitato e sviluppato nel presupposto di un nuovo lessico
contemporaneo, composto da segni e simboli espressivi che si
estende nella pittura di acrilici su tela o nel cartone e faesite.
Con riferimento alle opere in esposizione di: Frammenti - AR 16
(2012), Minotauro (2013) ed Eclissi (2016), oppure confluito nelle
tracce archeologiche ed atemporali dei bassorilievi in porcellana
dorata denominati Futuro proximo (2015)". Appunti d'Arte©2011
Barbara Rossi